Herman Hesse
Nota introduttiva
Dal verbo suchen (cercare) i Tedeschi fanno il participio presente, suchend, e lo usano come sostantivo, der Suchende (colui che cerca), per designare quegli uomini che non s'accontentano della superficie delle cose, ma di ogni aspetto della vita vogliono ragionando andare in fondo, e rendersi conto di se stessi, del mondo, dei rapporti che tra loro e il mondo intercorre. Quel cercare che è già di per se un trovare, quel cercare che è in sostanza vivere nello spirito.
Suchende sono tutti i ersonaggi di Hesse: gente inquieta e bisognosa di certezza, gente che cerca l'Assoluto, ossia una verità su cui fondarsi nell'universale relatività della vita e del mondo, e tale assoluto trovano - se lo trovano - in se stessi. L'ansia costante di questi personaggi è il pervenire a quella consapevolezza di se che permette alla personalità di realizzarsi completamente e di vivere allora, quegli istanti, quegli anni, che di solito vengono sciupati nella banalità quotidiana di una esistenza "d'ordinaria amministrazione".
Nella maggior parte dei racconti di Hesse i personaggi muovono a questa scoperta di sè attraverso le circostanze esteriori del mondo moderno.
In questo racconto invece ha collocato il suo principale personaggio pari pari in un ambiente favoloso e pittoresco quale l'India del sesto secolo avanti cristo, ormai insoddisfatta dell'antica ortodossia brahminica e della relativa costituzione sociale, e pullulante di predicatori, profeti, anacoreti, fachiri, monaci mendicanti e digiunatori solitari. Tutti costoro interrogano, tormentano e rivolgono in tutti i sensi le affermazioni dei testi sacri dell'India: gli antichissimi inni dei Veda, con i posteriori commenti in prosa dei Brahmana e delle Upanishad